sabato 2 aprile 2011

I Patti.


C'è quest'aria così nuova e fresca e calda quaffuori che mi verrebbe voglia di sdraiarmi nuda sul marciapiede e respirare anche i gas di scarico delle Punto e Panda varie.
La luce è strana e intensa, e son le 9 di sera. La primavera torna tutti gli anni, eppure ogni volta mi sento vergine al suo arrivo. Vorrei poter congelare il benessere che da l'odore di Torino in questo istante, vorrei una lattina di serenità da trasporto, e vorrei saperla dilazionare, ma, mi conosco, la sprecherei in un'unica gollata.

Ora sto provando con tutta me stessa a fissare queste mie chiappe alla sedia non andare non andare, perché pretendo di imparare per davvero il valore della pazienza, della giusta razionalità, dello zen.
Conosco un mago che dice d'essere zen, ammè sembra tanto un gran paraculo, ma riconosco che l'importante è il fine, quindi mi fido quando lo ripete con compiacenza. A lui ci voglio bene, pur essendo un paraculo, checcomunque sa tanto e quel che può me lo insegna.
Epperò non ci riesco proprio ad apprendere queste fantomatiche arti zen di cui lui si sente unto, son così tremendamente italiana e piccola io.

Nonostante tutto il marcio che mi compone so ancora riconoscere i dubbi, non per questo so scansarli, ma è già un buon punto di partenza. Vorrei però anche sapere per quanto dovrò continuare a parlare di punti di partenza, a che età si arriva o ci si deve considerare troppo old per poter ancora parlare di punti di partenza?
Non son così sicura che ci sia sempre tempo, in tanti mi dicono seiggiovane seiggiovane, che è un po' come dire "è normale che tu sia ancora così scema", epperò la mia gargantuesca paura è proprio che questa giovinezza non ce la si possa scrollar di dosso come l'aria di questa sera.

Non mi piace che l'aria di Torino nei giorni di primavera dia un lieve tocco e sparisca subito dopo avermi fatto assaporare quella pace zen che vorrei poter sentire in ogni istante. Stringa la mano agli anni e facciano un contratto di scambio di ruoli. Almeno per un lustro o due.
Cheppoi chissà come potrei chiamare i lustri quando non saranno più lustri perché i giorni non ci saran più e vivrò solo arie tiepide e nuove, di primavera taurinense.