domenica 23 gennaio 2011

Giustappunto.




Non scrivo quassù da un tot.

Dovrei/vorrei scrivere anche nell'altro meandro nascosto dei segreti dei fratelli segretissimi, ma nemmeno lì, nada.

Il fatto è che ora ho un “pubblico” reale, col quale forse è più divertente confrontarsi.

Certo, il commentino dello sconosciuto passato di qui per caso, così come quello dell'amica di secoli, è sempre un piacevole tuffo al cuore.

Ma devo dire che fa tutt'altro effetto il vuoto d'aria che si crea mentre finisci di recitare le tue parole, scritte colle tue dita, i tuoi neuroni, i tuoi atrii e ventricoli. Quel vuoto d'aria lì lo percepisci, lo vivi in prima persona. Quello del commentatore seriale no, puoi immaginarlo, e solitamente lo immagini come lo vorresti, e, ancor più solitamente, l'idea supera la realtà, quindi diciamo che ti trovi ad “autoreferenziarti” senza i fondamenti concreti per farlo, supponendo che “possa essere andata così, possa aver pensato quello e quell'altro”, ma buona parte delle volte così non è.

Invece quando sei TU a leggere, TU a scandire, TU a soppesare, sai che al 90% quello che volevi trasmettere è arrivato, perché è stato assunto come TU volevi che avvenisse.

Eqquindi sì, son talmente rinfrancata e estasiata da questa nuova tecnica di condivisione che non sento quasi più la necessità di perpetuare nel farlo qui.


Il tempo passa, eppure ancora non ho perso il vizio di buttare aggettivi ogni 3x2, quando scrivo quando penso quando parlo.


Il mio quadernetto nero è sempre lì in borsa, qualcuno riderebbe nel sapere che è davvero nero.

Vi appunto le parole che mi fanno ridere per lo più, l'altro giorno ne ho segnata un'altra che non so nemmeno se esista e, sincera, non mi interessa saperlo: SVAMPITEZZA, maddò da sbellicarsi.


Eppoi mi sto drogando di stesure da treno, son quelle che mi vengon meglio, i pensieri piùbbelli lì faccio sempre sopra le rotaie. Sarà che le chiappe tremano lassopra e quindi tremo tutta io e quando tremo di norma è perché son coinvolta ed emozionata e quando son coinvolta ed emozionata mi si creano mille muse in testa e potrei affrescare pareti di parole e tagliare ogni pezzo di carta per fare collage di idee nella speranza di perdere la razionalità.

Quanto vorrei imparare a distaccarmi dal reale, scriverei molto più e molto meglio.


Eppoi c'è il glossarietto di Fanelli, e quando mi rendo conto di amare qualcosa lo scrivo subito senza pensarci troppo sopra, eppoi fa troppo ridere trovare cose come “vetrata” o “acqua” e risalire al perché l'abbia scritto, in quali condizioni, dietro quale pensiero.

L'acqua, la amo con tutta me stessa, e non parlo del mare, parlo dell'acqua. Eppoi è così dolce foneticamente parlando, pur avendo in sé quel cq tanto forte ed ingombrante.

Poi penso alle cose che vorrei saper dire bene, e penso che non so dire nulla bene.

Allora ringrazio il Principe, e mi scuso dicendo che quello che non so, lo so cantare.