
Cento volte ho pensato di star facendo esattamente ciò che andava fatto, altre mille di star sbagliando tutto.
Cento volte ho creduto di avere ogni risposta tra le dita, altre mille non sapevo nemmeno cosa chiedermi.
Cento volte mi sono addormentata col pensiero di qualcuno, altre mille qualcosa mi ha aiutata a prender sonno senza nemmeno accorgermene.
Cento volte ho tentato di razionalizzare i “non volevo dire questo”, altre mille ci ho sbattuto la fronte fino a non sentire più i rumori.
Cento volte avrei voluto desiderare qualcuno, qualcosa, chiunque, più di quanto non potessi desiderare altro, altre mille ho lottato invano contro mulini a vento.
Cento volte avrei voluto scopare obbedendo solo al mio ventre, altre mille i gemiti e le voci e i baci e le lacrime e gli imprechi hanno sovrastato ogni suono.
Cento volte ho provato a chiedere scusa, altre mille ho capito che è giusto avere un capro espiatorio, uno a testa non dippiù, solo per giustificare le obbligatorie crisi freudiane.
Cento volte ho detto andiamo avanti, altre mille ho corso più veloce che potevo verso lo stacco di partenza.
Cento volte ho chiesto, implorato, mendicato, la perdita dei ricordi, altre mille ho sputato lana salata su ogni centimetro di pelle posseduta.
Certe volte avrei voluto sparire nel bianco di mattine come questa, quando gli orizzonti non ci sono, le ombre non ci sono, i colori non ci sono, gli strepiti non ci sono; quelle volte in cui dominano solo lontane eco di brusii, luci piatte, rami secchi, pastelli tiepidi e noiosi.
Sarebbero le fughe perfette, nel silenzio del niente, colle facce tutte gialle e i polmoni un po' avvizziti dal dolore del non esserci, ma ben attenti a far comunque parte di un qualche cosa, un mood forse.
Rare volte ho fatto sesso senza la necessità di trovare un perché.
Perché? Perché?! PERCHE'..?!!! Perché nulla è più totale di un orgasmo.
Due o tre volte ho intuito che l'orgasmo non bastasse, vogliono dippiù, ci chiedono motivimotivimotivi, pretendono gli sbattiti di ciglia e lo sfrigolio dei cuori, le parole del rapporto e i t'amo d'ordinanza, le mani intrecciate e gli occhi negli occhi. Essennonloffai così come dicono loro sei un sodomitapervertitoputtanonefacilonesenzasentimentieanima, in pratica è come se non sapessi nemmeno cosa voglia dire respirare.
Una volta ho poi -penso- capito che quella cosa di cui ci piace tanto parlare, quel nome che tutti abbiamo sempre in bocca, quell'ascetismo che chiunque, almeno una volta nella vita, deve provare, non è altro che un cumulo di necessità personali scontatamente egoistiche: il bisogno di sentirsi belli, buoni, bravi, interessanti, puri, altruisti, onesti, normalimaddiversi per quellapersonallì.
Quella volta ho infine deciso che io non voglio starci, ci son stata già troppe volte, è un gioco scorretto, l'ho praticato con tutte le accortezze del caso, eppure non penso d'aver mai vinto.
Ho perso d'aver vinto.
Eppure non sono diverso, non poi così diverso.