mercoledì 16 febbraio 2011

Sulle Colonne di un Ponte c'è Scritto AIAI.


Qualche arbusto spoglio tanto triste quanto evocativo, diverse discarichine improvvisate, ponti e ponti e ponti, interminabili fabbriche dismesse, mezze tinte in scala di grigi a terra, eppoi ancora alberi avvizziti e rugati.

Se avvicino la focale trovo il riflesso di una donna molto più bella di quanto non sia in realtà, sedili e qualche silenzioso compagno di viaggio.

L'indifferenza di tutti all'altrui presenza fa più rumore di questo treno, così pulito, ordinato, muto.


Vorrei sostare le ore su questi nuovi mezzi bianco blu, peccato facciano solo tratte brevi.

Quand'ero tristemente adolescente mi è capitato spesso di entrare in incubazione nei percorsi GTT, prendevo il primo pullman e vi rimanevo sopra da capolinea a capolinea, e ritorno.


Poi finiscono le steppe secche e le automobili e i tir e le rotaie e si entra nel nero, giù fino a Porta Susa e oltre, tutto nero nero nero, niente più orizzonti di cieli cyano magenta giallo.

Ecco, questo tratto lo detesto, mi impone di vedere solo più me nel vetro, sembra che fluttui in tutto quel nero nero nero, e invece son sempre qui, statica e noiosa.

Allora mi trovo qualcosa da fare: conto gli incroci del tessuto dei copri sedili, fisso le telecamere di sicurezza chiedendomi chi abbia il mio viso in quell'istante, cammino su e giù, tamburello le dita.. ma oggi la fortuna è dalla mia, posso giocare a “indovina i legami tra i gruppi di compagni di viaggio”: poco avanti a me trovo due bimbetti biondi, maschio e femmina, sicuramente fratelli; giocano a carte con una signora, ridono e ridono. La bimba è molto attratta dalla donna, troppo perché possa essere sua madre, le mamme son scontate dopo un po', non incuriosiscono tanto. E allora penso che questa signora sia una zia giovane e premurosa, ché la piccoletta la osserva tutta assorta e con gli occhi traslucidi si fa bella per spostare ogni interesse su di lei. Le fossette sembrano dire guardamiguardami.


Penso che anche io e mia sorella ci litigavamo sempre la zia, come fosse un trofeo.

Allora mi viene in mente che mi manca mia zia.


Rido con la biondina e lei mi risponde tutta sdentata e timorosa.

Finalmente torna la luce di nuovo, mi estraneo e non gioco più, guardo fuori ancora un po'.

Ma un po' è poco, perché è già ora di scendere, e vorrei risalire e tornare indietro, rifare tutto daccapo.

E allora penso che il rapporto che ho coi treni è lo stesso che ho col resto della mia vita.



4 commenti:

jaakob friedrich ha detto...

descrizione di momenti in un non-luogo.
il paradosso dell'essere immersi dentro ad un contesto pieno di singoli individui ma inesorabilmente proiettati in se stessi.

porta susa comunque mi ha sempre in qualche modo angosciato. oggi più che in passato.

iaia ha detto...

è ovvio, penso, che osservare gli altri non sia altro che un modo per guardar meglio sè stessi. provarci almeno.

jaakob friedrich ha detto...

hai ragione, è vero quello che dici.

però mi chiedo quanto di me possa scoprire stando 10 minuti in un vagone della metro in mezzo ad altre 50 persone di cui ho solo una visione estremamente parziale.
visione parziale "inquinata" ulteriormente dal fatto che essi mettano in mostra la stessa (conscia o inconscia) sensazione di distacco.

è un po' il paradosso di essere eremiti in mezzo a centomila altri eremiti.

comunque mi è piaciuto molto questo post che hai scritto.

iaia ha detto...

non ho mai avuto la presunzione di capire qualcuno in 10 minuti d'aria assorta, nè ne ho l'intenzione.
parlai di "gioco" infatti, e molti giochi son più divertenti senza regole.
e spesso le regole riguardano solo noi.
il fatto che abbia visto una zia in questo terzetto non vuol dire che sia corretto, è solo un piccolo riflesso di me.
in realtà, ripeto, guardavo me, non loro.