sabato 19 marzo 2011

M'Ale.


Era strano. Piangevo senza nemmeno rendermi conto di starlo facendo. Però sentivo questa pioggia calda sulle guance e non chiudevo gli occhi e continuavano a scendere e non sapevo smettere.
Poi non so perché non so come, ma almeno sono riuscita a dormire. Svegliandomi ogni 2 ore circa, però ho dormito. E quando mi svegliavo non sapevo a chi pensare, non sapevo perché, sapevo di non star bene.
Allora ho deciso di godermi questo male e però non so bene come si fa a trastullarsi nel male, forse bevendo gazzosa come fosse birra. O il contrario.

venerdì 18 marzo 2011

M'Usa.



Vorrei saper esprimere realmente tutto ciò che sto vivendo ultimamente, il problema sta nel fatto che non riesco nemmeno a pensarci sù consapevolmente.
Non so pensare ciò che vivo. Del tipo che non credo d'essere in grado di costituire cassetti e scatole e cartelle ben ordinate dentro cui riporre ogni frammento.
Forse, anziché disquisire - considerare - analizzare per ore, dovrei imparare ad accettare che ci sono persone - condizioni - dinamiche che non possono che permanere fluttuanti nell'etere, senza necessità alcuna di definizione, da vocabolario o da pancia che sia.
Do troppa importanza alla comprensione, alla chiarezza. Avendo sempre agito e ragionato in maniere molto nette e schierate, ho il tremendo vizio di dar per scontato che debba essere così per tutti. Quando invece, spesso, i tutti prediligono il morbido virtuosismo delle sfumature alla rigidezza di una piena campitura piatta.
Eppoi vorrei sapere com'è la tua voce quando canti, perché quando parli non mi sembra di star davvero avendo a che fare con te.

martedì 8 marzo 2011

Tous Le Jour.




Oggi non sto affatto bene, battiti accelerati, rimescolamenti di stomaco, testa pesante.

Non importa ciò che so o ciò che credo di sapere, dicono che ruggire sia più facile e mi riesca meglio.
E allora l'importante è ciò che m'infastidisce o che credo di mal sopportare, quelle cosellà son le stesse da anni e anni.

E allora mi consola credermi coerente.
Almeno nei piccoli dissensi quotidiani.


lunedì 7 marzo 2011

Cosìppare.



Siete tutti così noiosi.
Siamo tutti così noiosi. E annoiati.

Vorrei ricordare per bene cosa voglia dire "amare".
Poi mi dico che non è così necessario.
Poi penso di saperlo benissimo.
E allora capisco che forse è superfluo.
Che avvolte basta volteggiare e pensare a sè, chiudere le orecchie tappando le pupille affondo.

Prima penso che ti amo, dopo penso che ti voglio, allora poi penso che ti amo e ti voglio, ma forse non vuol dire che sappia cosa voglia dire "amare".
Quindi direi che il problema non stia nel ricordarlo, quanto nel comprenderlo.

Vorrei sapere se sia così importante comprenderlo e soprattutto comprendere d'averlo compreso.
Pare sia il fine ultimo di tutti. Una moglie/marito, dei figli, un cane, una staffetta che duri anni e anni e anni, ti spossa mappoi puoi dire "l'ho fatto anch'io, sono uno di voi, abbiamo vinto".
Ma io voglio vincere?
Eppoi.. in quale categoria dovrei gareggiare?
Massoprattutto, perché?

Come sono noiosa. E annoiata.


mercoledì 16 febbraio 2011

Sulle Colonne di un Ponte c'è Scritto AIAI.


Qualche arbusto spoglio tanto triste quanto evocativo, diverse discarichine improvvisate, ponti e ponti e ponti, interminabili fabbriche dismesse, mezze tinte in scala di grigi a terra, eppoi ancora alberi avvizziti e rugati.

Se avvicino la focale trovo il riflesso di una donna molto più bella di quanto non sia in realtà, sedili e qualche silenzioso compagno di viaggio.

L'indifferenza di tutti all'altrui presenza fa più rumore di questo treno, così pulito, ordinato, muto.


Vorrei sostare le ore su questi nuovi mezzi bianco blu, peccato facciano solo tratte brevi.

Quand'ero tristemente adolescente mi è capitato spesso di entrare in incubazione nei percorsi GTT, prendevo il primo pullman e vi rimanevo sopra da capolinea a capolinea, e ritorno.


Poi finiscono le steppe secche e le automobili e i tir e le rotaie e si entra nel nero, giù fino a Porta Susa e oltre, tutto nero nero nero, niente più orizzonti di cieli cyano magenta giallo.

Ecco, questo tratto lo detesto, mi impone di vedere solo più me nel vetro, sembra che fluttui in tutto quel nero nero nero, e invece son sempre qui, statica e noiosa.

Allora mi trovo qualcosa da fare: conto gli incroci del tessuto dei copri sedili, fisso le telecamere di sicurezza chiedendomi chi abbia il mio viso in quell'istante, cammino su e giù, tamburello le dita.. ma oggi la fortuna è dalla mia, posso giocare a “indovina i legami tra i gruppi di compagni di viaggio”: poco avanti a me trovo due bimbetti biondi, maschio e femmina, sicuramente fratelli; giocano a carte con una signora, ridono e ridono. La bimba è molto attratta dalla donna, troppo perché possa essere sua madre, le mamme son scontate dopo un po', non incuriosiscono tanto. E allora penso che questa signora sia una zia giovane e premurosa, ché la piccoletta la osserva tutta assorta e con gli occhi traslucidi si fa bella per spostare ogni interesse su di lei. Le fossette sembrano dire guardamiguardami.


Penso che anche io e mia sorella ci litigavamo sempre la zia, come fosse un trofeo.

Allora mi viene in mente che mi manca mia zia.


Rido con la biondina e lei mi risponde tutta sdentata e timorosa.

Finalmente torna la luce di nuovo, mi estraneo e non gioco più, guardo fuori ancora un po'.

Ma un po' è poco, perché è già ora di scendere, e vorrei risalire e tornare indietro, rifare tutto daccapo.

E allora penso che il rapporto che ho coi treni è lo stesso che ho col resto della mia vita.



martedì 15 febbraio 2011

Once Upon a Time.





Cento volte ho pensato di star facendo esattamente ciò che andava fatto, altre mille di star sbagliando tutto.

Cento volte ho creduto di avere ogni risposta tra le dita, altre mille non sapevo nemmeno cosa chiedermi.

Cento volte mi sono addormentata col pensiero di qualcuno, altre mille qualcosa mi ha aiutata a prender sonno senza nemmeno accorgermene.

Cento volte ho tentato di razionalizzare i “non volevo dire questo”, altre mille ci ho sbattuto la fronte fino a non sentire più i rumori.

Cento volte avrei voluto desiderare qualcuno, qualcosa, chiunque, più di quanto non potessi desiderare altro, altre mille ho lottato invano contro mulini a vento.

Cento volte avrei voluto scopare obbedendo solo al mio ventre, altre mille i gemiti e le voci e i baci e le lacrime e gli imprechi hanno sovrastato ogni suono.

Cento volte ho provato a chiedere scusa, altre mille ho capito che è giusto avere un capro espiatorio, uno a testa non dippiù, solo per giustificare le obbligatorie crisi freudiane.

Cento volte ho detto andiamo avanti, altre mille ho corso più veloce che potevo verso lo stacco di partenza.

Cento volte ho chiesto, implorato, mendicato, la perdita dei ricordi, altre mille ho sputato lana salata su ogni centimetro di pelle posseduta.


Certe volte avrei voluto sparire nel bianco di mattine come questa, quando gli orizzonti non ci sono, le ombre non ci sono, i colori non ci sono, gli strepiti non ci sono; quelle volte in cui dominano solo lontane eco di brusii, luci piatte, rami secchi, pastelli tiepidi e noiosi.

Sarebbero le fughe perfette, nel silenzio del niente, colle facce tutte gialle e i polmoni un po' avvizziti dal dolore del non esserci, ma ben attenti a far comunque parte di un qualche cosa, un mood forse.


Rare volte ho fatto sesso senza la necessità di trovare un perché.

Perché? Perché?! PERCHE'..?!!! Perché nulla è più totale di un orgasmo.


Due o tre volte ho intuito che l'orgasmo non bastasse, vogliono dippiù, ci chiedono motivimotivimotivi, pretendono gli sbattiti di ciglia e lo sfrigolio dei cuori, le parole del rapporto e i t'amo d'ordinanza, le mani intrecciate e gli occhi negli occhi. Essennonloffai così come dicono loro sei un sodomitapervertitoputtanonefacilonesenzasentimentieanima, in pratica è come se non sapessi nemmeno cosa voglia dire respirare.


Una volta ho poi -penso- capito che quella cosa di cui ci piace tanto parlare, quel nome che tutti abbiamo sempre in bocca, quell'ascetismo che chiunque, almeno una volta nella vita, deve provare, non è altro che un cumulo di necessità personali scontatamente egoistiche: il bisogno di sentirsi belli, buoni, bravi, interessanti, puri, altruisti, onesti, normalimaddiversi per quellapersonallì.


Quella volta ho infine deciso che io non voglio starci, ci son stata già troppe volte, è un gioco scorretto, l'ho praticato con tutte le accortezze del caso, eppure non penso d'aver mai vinto.

Ho perso d'aver vinto.

Eppure non sono diverso, non poi così diverso.




mercoledì 9 febbraio 2011

Le Cure.

Il sesso è una questione di (s)palle.
Quando incontri un uomo con le spalle larghe sai già che al 99% trascorrerai tempo divertente. In teoria la larghezza delle suddette è direttamente proporzionale alla fantomatica "potenza di percosse". In pratica non sempre è così.
Ma se ci si fermasse alla teoria ci si potrebbe ritenere soddisfatti.
Eppoi mi vien da piangere a pensare a quante spalle ancora dovrò visionare prima di decidere di volermi stabilire su uno e un solo paio. Allora mi dico "ridi e esplora, l'esperienza non basta mai". Eppure le ferite cicatrizzano, anziché rimarginare, eqquindi mi chiedo che senso abbia tentare di assolversi così pateticamente.

Vorrei essere tipsy e vorrei non essere sola ora, vorrei l'ebbrezza dell'ignoto e la dolcezza del certo.
Il fatto è che odio crogiolarmi nella noia, ma al contempo amo l'odore di stantio, quello che ti rimane addosso anche dopo ore, anche dopo docce e cambi d'abiti imprecisati, l'odore di umore che droga peggio dell'abitudine.
Poi mi piace parlare di "fattori chimici", ridere quando scopro che altri la pensano come me e sentirmi un po' meno stupida.
L'orgasmo è una questione mentale, l'approccio è annusarsi e riconoscersi. Spesso si ha la tendenza a voler intendere aromi che invece non esistono, penso lo si faccia per una necessità di calore. Eppoi ci son le emanazioni unilaterali, quelle danno batoste sorprendenti, per nulla ben assestate.
Non so mai come scusarmi per la volubilità che mi contraddistingue, affermo che "son fatta così", e torno un sacco teen nel giustificarmi in maniera tanto abietta.
Dicono che son sordida, a me piace pensare d'essere onesta.
Ritorno a pensare alle (s)palle, ché quando son belle fan ridere gli occhi e tremare le gambe.