lunedì 14 dicembre 2009
Ho Cercato.
lunedì 12 ottobre 2009
Vuotume.
mercoledì 7 ottobre 2009
Va così.

lunedì 20 luglio 2009
E non c'è niente da capire.
lunedì 29 giugno 2009
Catene Alimentari a Caso aka Cane Mangia PesceCane. E Vice Versa.

mercoledì 3 giugno 2009
Stay in Turin.

E poi vorrei capire perché si parli di crisi quando, ovunque mi giri, incrocio solo schiene e pance e braccia e natiche e facce abbronzate.
venerdì 29 maggio 2009
La blatta che sangue ha? Non c'è nessuno che lo sa.

martedì 26 maggio 2009
Heltah Skeltah Inside.

mercoledì 20 maggio 2009
WHATEVER.

Ammazzano i dehor desolati di un bar alle 20.40 di un mercoledì sera.
Droga il giro di basso di Resolve dei Foo, annunciando le inesauribili melanconie immense, alle 20.40 di un mercoledì sera.
Attira e respinge la strada disponibile che culla fino a casa alle 20.40 di un mercoledì sera.
Avvolge il preludio d'estate delle braccia scoperte e delle moto ai 120 e dei finestrini abbassati e delle tende svolazzanti e delle gocce di sudore e dei cieli azzurri e dei pollini infidi e dei sorrisi aperti e dei capelli legati e delle gambe all'aria alle 20.40 di un mercoledì sera.
E non avverti più la testa, così come le braccia e i piedi costretti in un tacco invernale, da matrimonio dei parents. Tutto muore addosso, vorresti non dover controllare alcunché, poter correre per i marciapiedi a piedi nudi e poi cadere sulle strisce pedonali, con cartello annesso, mentre lanci bestemmie al porco mondo con la naturalezza di una zanzara qualsiasi e sputi al vento, che tanto ricade tutto su di te.
Fai le cose per nessuno, perché nessuno te le chiede, e nessuno noterà un'eventuale assenza, malgrado messaggi e telefonate e ringraziamenti posticci e vuoti a perdere.
Convinciti di volerlo fare per te. E basta. E concediti il lusso di sognare quel "treno qualsiasi, per andare là, dove non debba pensare, a queste 20.40 di un mercoledì sera di cielo terso, dove poter prendere un treno qualsiasi".
I cellulari sono finiti, i soldi anche. Aggrappiamoci a vaneggi di futuri d'arte e menzogna.
domenica 10 maggio 2009
Credo Ra, credo. E l'inutilità dei vaneggi.

Lontana, e per una che viaggia niente -non per proprio volere-, lontanissima.
Ho portato la camera, non ho fatto una foto. La prima che avrei voluto scattare -sottolineo avrei- è giunta giusto giusto all'entrata della provincia di Torino, di ritorno: la solita monetina ramata in fase discendente, desiderosa del morbido letto alberato. Sarà banale, ma affascina e inebetisce come poco altro.
Che poi lo so che siam noi a girare e lei è lì ferma che comanda tutto e tutti. O era lui? Bof.
Quello che provo non si può dire, e non lo dirò [cit].
Anche se ne avrei, a palate. Ecco poi, le palate. Qui da me han sempre un'accezione negativa, viaggiano spesso manin manina con la parola "merda", volta al genitivo.
Nulla è un caso, tutto ha un senso.
Dopo questa massima filosofica, cui già disquisiva -anzi, ne era fermamente convinto- Compte nel lontano '800, e aver nuovamente rispettato il tema del non convenzionale, potrei dileguarmi, nell'auspicio di conservare ancora un minimo di dignità. Invece no.
Il fatto è che, è innegabile, son donna. Per quanto uno possa atteggiarsi a maschiaccio, con tutto ciò che ne consegue, e far sempre la dura, strafottente e indistruttibile, noi donne siam così.
E siamo brave, siamo proprio brave nel mantenere questa nostra facciata irremovibile. Quando partorisco di queste considerazioni mi scopro ad invidiare le mie amiche omosessuali, loro sì che han capito tutto.
So che può sembrare un po' campato in aria come discorso, però, ecco, ha un suo perché. Trattasi di raffronti continui che assimilo e assorbo, dalla blogosfera e non, che non possono che portarmi alla conclusione di cui sopra, noi donne siamo favolose, favolose.
Tollerare per vincere, mandar giù per diventar grandi.
Questo faccio, attimo dopo attimo, e rimarco di farlo in qualità di donna.
Proprio per questo amo ribattezzare quell'elemento tipicamente maschile "monetina", per dargli un'accezione femminile che comunque ha, perché è solo grazie a lei se ogni cazzo di giorno ancora ci svegliamo e organizziamo la nostra quotidianità, seguendo il tempo che lei scandisce. Oppure no.
Come una madre, come una moglie, come una donna, in ogni ruolo che può ricoprire.
E sarò l'ultima, sempre.
martedì 31 marzo 2009
Refusenik.

Ché la tristezza è troppa per sorridere spensieratamente, e allora si tira a campare.
Ho sempre odiato sentire la risposta di mio padre alla domanda “come va?”: lui diceva -e dice- ogni volta “eh, si va avanti”.
Dal mio canto amo rispondere “bene”. Soprattutto quando è male.
E se davvero è bene non c’è nemmeno bisogno di chiederlo com’è, è palese.
Non riesco più nemmeno ad arrabbiarmi. Se e quando lo faccio è perché ancora spiragli di fuga persistono.
Oramai invece non riesco più a uscire dalla tazza del cesso, intrappolata in quel vortice di acqua e merda. Allora che si urla a fare. Tanto non sente nessuno. O semplicemente non sente chi potrebbe e dovrebbe sentire.
Ed eccoci qui, ancora soli, con sempre troppe cose a cui pensare, sempre e solo a parlar d’altro.
Ma quanto, quanto ancora dovremo attendere per un po’ di silenzio? Solo un po’ di silenzio, una carezza dolce.. ..abbracciami forte, dimmi che mi ami, mi ami ancora.. ti ricordi di me?
Ma quanta fatica..
E parlo con te e parlo con lui e parlo con lei e parlo un po’ con chiunque mi abbia resa stanca. Stufa. Annoiata.
I’m tired of fighting, fighting for a lost cause.
domenica 15 marzo 2009
0 positivo.

Altalene che restano ferme a metà.
Occhi gialli divengono traslucidi, oliandosi finalmente per Lei, che è impossibilita.
Il cielo ha il mestruo eppure non si stanca di far l’amore con il Monviso. Una monetina ramata osserva mantenendosi comunque in disparte, adempiendo al compito di atmosfera sul tutto.
Desideri di mulini a vento, e poi tundre, per rinascere muschio.
Another heart is cracked in two, I’m on your back.
..
0 positivo. Ora si capiscono molte cose.
giovedì 26 febbraio 2009
Frustrated. And trash.

Parlare di lobotomia penso sia riduttivo visto l’oblio dilagante in cui si sconfina ogni giorni di più.
Esterrefatta e incredula alla vista di decisamente troppe oscenità.
Sentire personaggi che basano tutto unicamente sulla propria valenza estetica biasimare i cosiddetti “transessuali” trovo sia una delle atrocità più insulse e ridicole accadutemi ultimamente: un EMO -mio conoscente- discrimina i TRANSESSUALI affermando che “si conciano così solo per farsi vedere, dando valore solo all’apparenza, in quanto essa non rispecchia ciò che realmente sono. Dovrebbero imparare ad accettarsi.”
Non so. Penso non si necessitino eventuali riflessioni sulla cosa, discorsi relativi che non celano alcunché, forse indegni di una risposta che, colpa dell’indole, non ha tardato a sopraggiungere.
Una lieve angoscia carezza e subissa le giornate, incombenze mai sbrigate, progetti affissi a pareti cerebrali attendenti solo della donzella sullo scooter munita di spatola attua ad espellere il cartello vendesi, concetti troppo complessi da esplicare e condividere ché i pensieri miei sono miei e basta, “far evaporare la noia attraverso una sigaretta che non si spegne mai e non si spegne mai e non si spegne mai e non si spegne mai”.
E poi la gratitudine, e poi l’amore, e poi la fierezza, e poi ancora l’amore, e poi il senso d’orgoglio, e poi di nuovo l’amore, e poi pareti di stanze che pian piano si dipingono e i primi pezzi del mobilio in attesa del camion dei trasporti, e poi altro amore.
Coccole di amori di sempre, di amori da sempre, di amori per sempre. Grazie a loro qui ancora si respira.